romanzo di Ada Pirocolpo (1994)


"Il tempo del mondo è un bambino che gioca, che mette qua e là le pedine; il regno del bambino"

ERACLITO, Frammento 52 (Diels)

11/08/11

Capitolo 5 - CANDIDA, LA FORNAIA

Ruben, in quegli anni, intraprese un viaggio nelle profondità del suo inconscio. Egli voleva scoprire i meandri più reconditi, le misteriose fenditure,  gli antri più bui e inesplorati di se stesso. Per poterlo fare egli ebbe un impulso involontario dalla frequentazione di una sua conoscente. Ruben fu entusiasmato dalla capacità introspettiva della fornaia che lavorava sotto la casa nella quale egli abitava con Eros nel fiesolano. Candida Cantucci, saggia donna sessantenne, offrì questa nuova possibilità a Ruben, il quale sviluppò le sue predisposizioni analitiche, corredando questa passione con letture approfondite e studiando in modo approfondito la teoria freudiana. Preziosi perciò furono gli incontri con la figura della bianca panificatrice.

Ruben divorò pane e libri di psicoanalisi, cominciò ad apprezzare lo sviluppo di quella scienza e a seguire convegni. Egli stesso tenne conferenze di interesse psicoanalitico. Una sera, a uno  di questi incontri di Ruben, partecipò anche la signorina Scozia.
Fato? Destino? Geschick? Tyche? Ananke? Provvidenza? Fu per caso? Ruben, comunque, trattò il tema dell'innamoramento.

Scozia arrossì per tutta la durata della conferenza. Al termine, Scozia e Ruben s'incontrarono: la signorina gli disse di essersi sposata con Carlino, cioè Arlecchino, e di avere già avuto da lui due bambine. Ruben si sentì raggelare per un istante. Egli immaginava perfettamente che ciò sarebbe avvenuto, ma non così presto. Intanto, Mirta seguiva a distanza l'incontro fra Scozia e Ruben con trepidazione. Subito Eros, compresa la situazione imbarazzante, prese Mirta sotto braccio e la condusse fuori con sé.

Quando il dottor Ruben uscì, Mirta esplose in una crisi di gelosia. Ruben non riusciva a calmarla e ammiccava all'amico Eros, il quale si scusava con lo sguardo per la sua impotenza. Quella sera, Mirta andò via e non volle vedere ancora Ruben. Intanto, Ruben ed Eros tornarono a casa e, dopo cena,  discussero a lungo:
"Non può andare avanti così!" disse Ruben.
"No, se tu non lo vuoi!"  gli rispose Eros.
"No, non amo Mirta! Questo è il vero motivo... E tu lo sai, Eros!"
"Certo che lo so, Ruben, ma lei ti ama..."
"Sì, ma non può continuare".





Inizia così la seconda delle tre fantasie oniriche di Ruben. Essa narra di come il tormento amoroso agitò sentimenti angosciosi e intensi nell'animo di Ruben: Ruben è malato d'amore, che è qui simboleggiato da Eros, dio dell'Amore.




LA STANZA AZZURRA
Eros era rannicchiato al fianco destro di Ruben,
che invece era sdraiato con le braccia dietro la nuca;
entrambi sulla loro amaca non riuscivano a dormire.
Eros e Ruben decisero allora di cantare.
Eros prese la lira e introdusse un'altra di quelle atmosfere irreali,
puntellate di assurdo e non-senso, tanto care a Ruben, soprattutto durante le crisi amorose.
La stanza accese le sue pareti di ogni tonalità dell'azzurro, dalla più intensa alla più tenue.
Solo l'azzurro riusciva a infondere in Ruben tranquillità.
Iniziarono a scrosciare ruscelli.
Effluvi e zampilli sgorgarono in una costellazione di fonti e di polle sorgive, in ogni punto della stanza.
Eros arpeggiava sulla lira, coperto soltanto da un manto di seta argentata. Così egli cominciò a suonare il flauto e a cantare come Orfeo in modo dolcissimo, continuando ad arpeggiare con le dita dei piedi sulla lira, in modo soave.
Nonostante questo, Ruben non trovava pace.
Così Eros si appese a una liana che, improvvisa, spuntò dal soffitto affrescato di arabeschi e grottesche.
Egli cominciò a dondolarsi per tutta la stanza coperto solo da un manto che, prima era argentato, e ora come un camaleonte s'era trasformato in pelle maculata di leopardo.
Egli oscillava velocissimo e, alla fine, riuscì a strappare un sorriso a Ruben.
Sedutosi, allora, sull'amaca Eros cominciò a simulare delle smorfie a una velocità impressionante: versi buffissimi, irresistibili; egli si scompigliò tutti i capelli, arruffandoli e scompigliò anche quelli di Ruben che, alla fine, non poté che divertirsi.
Così Eros si mise a suonare il tamburello saltando ritmicamente sull'amaca.
Solo ghirlande di fiori freschi ornavano adesso il suo nudo corpo, coprendone soprattutto le parti più intime.
Eros saltava con velocità sempre maggiore, tanto che Ruben faticava a vederlo.
Eros sembrava impazzito.
Egli prese sulle sue braccia Ruben dicendogli di cantare con lui:
Mirta non sei tu colei che cerco
ma prima o poi mi fermerò su colei che bramo

FINE DELLA SECONDA FANTASIA

Ruben, al suo risveglio, comprese finalmente che avrebbe dovuto dire tutto a Mirta, e così fece.
Mirta scoppiò in pianto che turbò Ruben... ma egli non pianse: non piangeva più da troppi anni, e così neanche in quel frangente.
Ruben raccontò ogni cosa alla fornaia Candida Cantucci, che analizzò con la sua sapienza empirica i fatti. Ruben raccontava attraverso la sua immaginazione produttiva, tanto produttiva.
Secondo la fornaia, Ruben manifestava con questo suo comportamento una mancata accettazione della figura femminile, avvenuta in tempi remoti.
Ruben non aveva ancora accettato, infatti, il rifiuto di Scozia e, da allora, egli dichiarò guerra a tutte quelle donne che non erano come Scozia, che non le assomigliavano. Non soltanto, ma Ruben cercava protezione nell'affetto dei suoi amici e delle donne più mature e sagge, che gli ricordavano sua madre. Gli amici più cari erano, per Ruben,  Fabrizio, poiché ormai Ruben da molto tempo non frequentava più Riccardo, ed Eros, suo ancor più intimo amico, il suo alter ego. Ruben si era ripiegato su di sé, vagheggiando esperienze amorose e sensuali con la sua immaginazione fantastica. Candida disse a Ruben, comunque,  di incontrare Mirta e di dimostrarsi sincero e onesto con lei. Era inoltre giusto che Eros rivestisse il ruolo di consolatore di Ruben, secondo Candida. Era, infatti, il solo amico che egli considerava aperto e franco. 
Silvestro, ormai, era solo un lontano ricordo; Blue Bill era intanto impazzito e viveva rinchiuso in una casa di cura per malati di mente:  questa triste storia non era ancora a conoscenza di Ruben. Fabrizio, ogni tanto, cercava Ruben per trascorrere con lui qualche ora piacevole per ricaricarsi. Ruben, infatti, riusciva ancora a ricoprire il suo ruolo di fidato consigliere.
Quando Ruben parlò con Mirta, trovò da parte della ragazza molta comprensione.
Così continuarono a vivere la loro grande amicizia Mirta e Ruben. Essi intrattennero un rapporto duraturo e sempre vivo.

Ruben era diventato, nel frattempo, un politico sempre più affermato.
Egli partecipò alle elezioni amministrative e si candidò alla guida del Partito Comunista della sua circoscrizione. Tuttavia, egli non riuscì a essere eletto poiché fu superato da un rivale.
In quei mesi, Ruben cominciò a frequentare i coniugi Violetti. I due sposi si curavano di Ruben e di tutti i giovani del quartiere che cercavano coraggio e sicurezza. I Violetti avevano avuto cinque figli, che morirono, per una disgrazia, scalando l'Abetone durante una brutta giornata nella quale, all'improvviso, una tempesta si scatenò sul monte. Da quel momento, affranti da un lancinante dispiacere, i Violetti decisero di adottare col cuore come figli tutti i giovani fiorentini che avrebbero conosciuto nelle fortuite circostanze della vita. Ruben ricevette volentieri consigli da quella coppia e imparò a vedere un altro colore dell'amicizia, fin allora a lui sconosciuto: il candore dell'amicizia sapiente, la canuta esperienza che viene dal dolore vissuto.
La fornaia Cantucci approvava anche questa nuova frequentazione di Ruben, il quale non comprendeva più la distanza fra l'amicizia e l'utilità da essa derivante. Questo avveniva quando egli pensava al rapporto con la fornaia, soprattutto; d'altra parte, il rapporto con la famiglia Violetti confondeva Ruben su un altro limite dell'amicizia: quale distanza v'era fra l'amicizia e il piacere?
L'amicizia era diventato il problema più importante, l'unico tormento vero di Ruben. Egli pensò così di isolarsi da tutti i suoi amici per un anno.

Ruben si recò nuovamente dalla sua famiglia, che gli aveva perdonato la rottura dei rapporti da lui causata tempo addietro. Decise di ritornare a vivere in famiglia per un po' e di dedicarsi ai suoi cari e non vide, per quell'intero anno, altri amici. Soltanto a Eros concesse qualche incontro: poche serate in hostaria e qualche conversazione confidenziale sul proprio stato d'animo; Eros ascoltava, con piacere, rispettando il volere dell'amico. Allora Ruben comprese, in quell'anno sabbatico, qual era la sua strada, la sua realizzazione attesa trepidamente, la sua occupazione del futuro prossimo.
Ruben si sentiva rispettato e amato come vero amico solo da Eros,  a cui importava solo l'affetto sincero e non l'utilità o il piacere, pur presenti nel loro rapporto. Almeno tale era la convinzione di Ruben. Presto egli s'accorse di stringere intimamente amicizie dignitose anche con gli altri amici.

Ruben decise di lasciare il Partito Comunista, poiché capì che la sua vocazione politica era legata semplicemente a un arcaico moto di ribellione del tutto inconsapevole. Neanche al partito Ruben si sentiva più appagato e amato dai suoi compagni.
Ruben s'avviava a percorrere la via della maturità.
Mirta si rifece viva e Ruben riprese a frequentarla come si fa con una carissima amica.

A Santa Maria Novella, in un giorno di sole, Ruben conobbe Fiammetta, una bellissima donna che subito conquistò il suo interesse.
Fiammetta e Ruben si guardarono, sotto la Trinità del Masaccio, in un intreccio di sfumature rosse e bluastre. L'intesa fu immediata.
Lo sguardo, anzi gli sguardi, erano gravidi di emozioni, sotto gli occhi austeri e fissi dei personaggi rappresentati nell'affresco. Gli occhi di Fiammetta e di Ruben, tuttavia, non riuscivano a guardarne altri se non i loro stessi: gli occhi di Ruben in quelli di Fiammetta. Gli sguardi dell'affresco del Masaccio, misreiosi, sovrastanti e imperiosi, parevano benedire l'arrivo delle ombre dei due giovani su di loro.
La ribellione che  ribolliva nell'inquieto animo di Ruben era quasi sempre placata  dall'osservazione di sculture e di pitture. Egli amava molto anche la pittura futurista e soprattutto le opere di Boccioni. Ruben si dilettava anche con le poesie di Marinetti. Quelle proteste del futurismo contro le regole, pur di stampo reazionario, piacevano a Ruben nonostante confluissero talvolta in un  orientamento politico, interventistico,  a lui estraneo.

Il comunismo non era stato in grado di liberare dall'oscurità l'animo irrequieto di Ruben e non era soprattutto stato appagante  per lui che anelava alla ricerca di una giustizia e di un'equità sociale.
Egli si ricordò così di Riccardo e rimpianse di non averlo cercato più. Ruben parlò di questo, ancora, alla fornaia Candida, la saggia signora, discreta  e sempre  presente nel momento del bisogno.
Ruben ritornò a frequentarla con regolarità, riconoscendo quei momenti di conversazione illuminanti. Candida, però, non condivise stavolta la decisione di Ruben di cercare nuovamente Riccardo. Ruben, comunque, non ascoltò questo consiglio e si mise sulle tracce dell'amico, il biondo, vecchio compagno di scuola. Fu uno sforzo vano poiché Riccardo s'era trasferito a Vienna. Da allora, Ruben ritenne di dover sciogliere definitivamente il legame con Candida Cantucci, la vecchia signora panificatrice:  i loro incontri erano serviti a Ruben per chiarire molti conflitti interiori, ormai tutti risolti.

Ruben non era nato per fare il politico. Del resto, anche Platone pur aspirando a realizzare quella tanto agognata giustizia, un concetto così ben analizzato nella sua Repubblica, non riuscì a entrare  con successo nell'ambiente politico, un mondo più legato agli interessi di parte che volto alla realizzazione del bene comune. Ruben non era un politico. Era però un filosofo? Certamente la filosofia era la sua occupazione più gratificante.
Chi era Ruben?
Era un filosofo, se per filosofo s'intende anche amare la poesia e poetare, e dipingere con la fantasia. Con la sua immaginazione produttiva Ruben era un pittore nato.

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